Quattro dei più autorevoli maestri pizzaioli italiani quali Bosco, Callegari, Pepe e Salvo
riuniti a Roma da Eataly per raccontare e condividere la propria filosofia sull’impasto e non solo

 

Roma, 17 maggio 2019 – Il connubio ‘bella e buona’ non basta più: in fatto di pizza gli italiani si scoprono esperti di ingredienti di qualità e metodi di lavorazione, pur rimanendo fedeli alla semplicità della pizza margherita. È quanto ha fotografato un’indagine presentata da Eataly durante la prima edizione di IMPRONTE DI PIZZA – la parola a chi lascia il segno, un grande momento di confronto in cui i grandi maestri del mondo pizza, provenienti da diverse scuole di pensiero, hanno messo in scena le loro personali interpretazioni di un piatto icona del Made in Italy.

 

L’indagine presentata ha evidenziato come il 65% degli intervistati è ben consapevole di quanto il lievito e il tempo di riposo  siano essenziali nel rendere la pizza leggera e digeribile e che il 83% opta con decisione per pizze con ingredienti di qualità come DOP/IGP e Presidi Slow Food, mentre l’88% ritiene “importante” o addirittura “molto importante” conoscere l’origine degli ingredienti.

 

Questi dati, introdotti dal responsabile pizza di Slow Food Antonio Puzzi, hanno dato il ‘LA’ alla sinfonia di pareri ed esperienze di quattro dei più autorevoli maestri pizzaioli italiani – Renato Bosco, Stefano Callegari, Franco Pepe e Ciro Salvo – che, moderati dal giornalista Luciano Pignataro, si sono confrontati su uno dei temi più caldi del movimento della pizza: l’impasto. Al dialogo hanno partecipato anche Francesco Pompilio, maestro pizzaiolo di Eataly che ha guidato la definizione della ricetta della nuova Pizza Eataly, e Fulvio Marino produttore di farine.

 

A partire dalle farine utilizzate – argomento che ha acceso subito il dibattito anche a fronte di un 48% degli intervistati che afferma di preferire la 00 –, i maestri pizzaioli hanno pian piano rivelato segreti e scelte anche in materia di idratazione, tempo di maturazione e cottura. Centrale in tutti gli interventi è l’obiettivo che si vuole raggiungere con l’impasto.

 

Infatti, come ben riassume Stefano Callegari, “l’impasto non è una ricetta. Gli stessi ingredienti, le stesse dosi, la temperatura e le tempistiche di riposo e cottura possono dare risultati diversi: sta nell’abilità del pizzaiolo sfruttare la duttilità dell’impasto per ottenere di volta in volta il risultato finale voluto”.

 

Ciro Salvo offre un esempio pratico di intenzione del pizzaiolo e di questa duttilità dell’impasto quando parla della sua celebre pizza napoletana: “Farina di medio tenore proteico, impasto ben idratato e maturazione da un minimo di 18 ore a un massimo di 24 ore sono i miei tre segreti per garantire una pizza leggera e altamente digeribile”.

 

E se l’impasto non è una ricetta fissa, sperimentare può diventare una vera e propria filosofia, come nel caso di Renato Bosco per il quale questo significa “mettere le mie conoscenze a disposizione di farina, acqua, lievito e sale, e ricercare quello che questi quattro elementi possono dare a me con un chiaro obiettivo in termini di qualità e caratteristiche del prodotto finale”.

 

‘Ricerca’ e ‘innovazione’, intesa anche come tecnologica, sono ormai diventate parole d’uso comune nel campo degli impasti e nel corso della tavola rotonda sono state menzionate più volte dai maestri pizzaioli, pur con diverse sfaccettature.

 

Se per alcuni si traducono nel dare spazio alla creatività con nuove consistenze, altri le intendono al servizio della tradizione, come Franco Pepe. Il pizzaiolo campano, che il prossimo 2 giugno diventerà Cavaliere della Repubblica, racconta l’evoluzione del suo impasto così “il mio obiettivo è cercare di bilanciare artigianalità, tradizione e innovazione. Da un lato non si può prescindere dal saper fare proprio dell’artigiano, dall’altro l’innovazione offre nuovi strumenti per valorizzare queste competenze”.

 

Francesco Pompilio conclude: “La buona pizza è il punto d’arrivo di una filiera estremamente articolata fatta da grandi professionisti appassionati, ottime materie prime e tempo, necessario per le lievitazioni ma anche per imparare, evolversi e creare la propria formula. Alla fine, però la nostra gratificazione deve passare anche attraverso il piacere che riusciamo a trasmettere a chi mangia la nostra pizza.”

 

Il confronto tra i diversi stili ed esperienze non si è fermato solo alle parole: i maestri pizzaioli si sono alternati al banco di stesura e ai forni per preparare le loro basi pizza offerte in degustazione al pubblico in sala e condite solo con un filo d’olio per riconoscere e apprezzare le varie consistenze.

 

“IMPRONTE DI PIZZA non poteva che partire dall’impasto”, commenta Luciano Pignataro. “Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità del consumatore e l’attenzione dei pizzaioli, molti dei quali hanno puntato su questo elemento della pizza come uno dei fattori di differenziazione rispetto al mercato. L’evoluzione della pizza si gioca anche su altri tavoli e sarà interessante approfondirli nelle prossime edizioni del simposio ideato da Eataly”.

 

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Perché IMPRONTE DI PIZZA – La parola a chi lascia il segno

Uno dei motivi del successo globale della pizza è la sua semplicità sia in termini di ingredienti base sia di lavorazione. Eppure, la scelta di determinati prodotti, dalle farine alle guarnizioni, e procedimenti di preparazione fanno la differenza, come dimostrano le intuizioni di maestri pizzaioli che hanno lasciato il segno in un segmento alimentare estremamente affollato e variegato. IMPRONTE DI PIZZA vuole dare a loro la parola nell’ottica di un confronto aperto e condivisione di idee ed esperienze.

 

L’obiettivo è promuovere una cultura della pizza, stimolando consapevolezza su temi come qualità e creatività e cavalcando un trend di sempre maggiore attenzione agli impasti, nuove tecniche di lavorazione, scelta di materie prime d’eccellenza e valorizzazione della salute.

 

 

Per Eataly la pizza è “una cosa seria”

In ogni Eataly i clienti sono accolti dalla citazione di Wendell Berry “Mangiare è un atto agricolo”. Questa frase è stata l’ispirazione per il progetto della nuova pizza di filiera che ha visto la collaborazione di Slow Food Italia. La grande sfida di Eataly è portare la qualità dei piatti iconici italiani ad un alto livello di standard, frutto del pensare locale per agire globale. In questo scenario si colloca la nuova Pizza Eataly: un’iniziativa ambiziosa che attribuisce una nuova identità e riconoscibilità a questo piatto simbolo della cucina italiana.

 

A guidare la definizione della ricetta della Pizza Eataly è stato Francesco Pompilio, pizzaiolo Corporate di Eataly, in azienda da quasi dieci anni. Pompilio si è dedicato allo studio dell’impasto e delle guarnizioni con il supporto dell’executive chef Enrico Panero, del produttore di farine biologiche macinate a pietra Fulvio Marino e dell’esperto pizza di Slow Food Antonio Puzzi.